Ins Gras beissen (Caducità) di Alessandra Scalvini

Con Caducità Liz Gehrer vuol far emergere come l’essere umano sia continuamente soggetto a influssi e trasformazioni, una metamorfosi inevitabile determinata dal nostro ciclo vitale che dalla nascita ci conduce necessariamente, attraverso la giovinezza, la crescita e l’invecchiamento, alla morte.

Con questa opera Liz ha voluto affrontare il tema della transitorietà della vita attraverso un linguaggio esteticamente alto e solo apparentemente negativo.

L’artista, dopo aver acquistato la gigantografia del volto di una bellissima modella ed averla distesa a terra nel suo giardino, ha praticato numerosi tagli sulla tela e, con il passare del tempo, da queste aperture è emersa l’erba del prato sottostante. Liz ha immortalato i diversi mutamenti che la natura ha prodotto sulla fisionomia del volto attraverso 19 scatti fotografici che testimoniano l’intero percorso evolutivo di questa affascinante opera. Generalmente è il cartone il materiale preferito da Liz per esprimere la sua arte; è la carta che si modella seguendo i dettami della sua vena creativa e il risultato finale dipenderà dal modus operandi e dal processo creativo dell’artista.

Con Caducità Liz ha invece permesso all’inaspettato, all’imprevedibile, alla casualità di entrare a far parte della sua arte poiché in questa occasione l’artista ha lasciato che la sua opera crescesse da sé, non conoscendo in anticipo quale sarebbe stato l’esito di questo sviluppo. In un modo che Liz non poteva prevedere e programmare, l’erba si è fatta spazio sulla tela andando gradualmente ad inglobare il viso della modella.

Quel volto inizialmente perfetto ha subìto un lento processo di trasformazione: i ciuffi di erba che hanno iniziato ad affiorare casualmente sulla gigantografia appaiono come macchie e rughe che vanno a solcare la pelle della donna, una pelle che in ogni immagine si delinea in continua trasformazione; la perdita della bellezza e della giovinezza mostra come la nostra vita sia sottoposta ad un’implacabile mutamento. Il fatto che la morte sia rappresentata dalla totale scomparsa del volto umano sotto il manto erboso non deve essere tuttavia interpretato come un valore negativo. La nostra esistenza è transitoria, di conseguenza la morte e il cambiamento fanno necessariamente parte del vivere ed è proprio questa “caducità” a rendere la vita preziosa ai nostri occhi.

Secondo Freud la fugacità del bello non implica un suo svilimento ma anzi è un valore aggiunto: “Il valore della caducità è un valore di rarità nel tempo. La limitazione della possibilità di godimento aumenta il suo pregio” (S. Freud, Caducità, 1916). È questo carattere effimero la chiave per dare una lettura positiva a ciò che muta: l’essere consapevoli che tutto si trasforma ci permette di vedere in ciò che subisce cambiamenti, un qualcosa di unico, prezioso, straordinario; è la natura fragile e precaria delle cose a renderle importanti e speciali, “solo il cambiamento è eterno, perpetuo, immortale” (A. Schopenhauer).

Quello che nell’opera di Liz è apparentemente giudicabile come fine e morte, può essere in realtà interpretato come un’ennesima metamorfosi, secondo la celebre affermazione “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” (A. Lavoisier). L’erba crescendo si fonde con l’immagine del volto della modella, che era stata posta a contatto con la terra: l’essere umano si riunisce alla natura e si amalgama ad essa fino a lasciarsi avvolgere del tutto dall’ambiente naturale.

Se andiamo a scavare sotto quel manto erboso scopriremo infatti che il poster della bella ragazza, celato agli occhi di tutti e ormai completamente trasformato dal tempo e dall’intreccio con la terra, è ancora lì dove Liz lo aveva collocato tempo prima.

Questa presenza, nascosta e mutata alla stesso tempo, testimonia come il percorso di trasformazione che si sviluppa davanti a noi simboleggi la transitorietà e la fugacità della bellezza e della vita intera. Non svaniamo tuttavia nel nulla ma, così come subiamo dei cambiamenti durante la nostra esistenza, così ci trasformiamo anche nella fine, quando la natura ci richiama a sé e ci avvolge nel suo abbraccio, come succede con l’erba che si è avvinghiata al poster, sulla quale risplende il sole durante la bella stagione, cadono le foglie rosse in autunno e scende la neve in inverno, perché, usando nuovamente le parole di Freud “Quanto alla bellezza della natura, essa ritorna, dopo la distruzione dell’inverno, nell’anno nuovo, e questo ritorno, in rapporto alla durata della nostra vita, lo si può dire un ritorno eterno” (cit.)

 

 

Alessandra Scalvini, collaboratrice scientifica della Fondazione Culturale Hermann Geiger a Cecina (LI), nel catalogo in occasione della mostra 2011 di Liz Gehrer „L’uomo, fra influssi e cambiamenti“ alla Sala esposizioni, Fondazione Geiger, a Cecina